villa frida

Palazzo del XIX secolo, luogo di spunto per conversazioni su storia, arte, scienza e idee tra due secoli.


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INASPETTATE COINCIDENZE: ETTORE TITO A SAN FRANCISCO 1915

Firenze, dicembre 2018.

Mostra al Museo Salvatore FerragamoGli anni dal 1915 al 1927, trascorsi da Salvatore Ferragamo in California, sono la fonte d’ispirazione della nuova mostra al Museo Salvatore Ferragamo che analizza la presenza degli italiani in quella regione e l’influenza che esercitarono in svariati settori, dall’arte all’artigianato e alla nascente industria cinematografica.
Il percorso ha inizio con la Panama-Pacific International Exposition a San Francisco nel 1915, dove il padiglione italiano progettato da Marcello Piacentini consolida l’apprezzamento degli americani per l’arte e l’architettura del Bel Paese” dalla presentazione della mostra.
Nella parte iniziale della mostra di Firenze, uno schermo proietta il film dei fratelli Taviani “Good morning Babilonia” dove due fratelli emigrati dall’Italia nel 1911, provenienti da una famiglia toscana di artigiani e restauratori di chiese, trovano lavoro nel padiglione italiano dell’Esposizione Internazionale di San Francisco. Da lì la loro bravura tecnica, unita ad un pizzico di sfrontatezza e di fortuna, li porta a lavorare per il regista David Griffith, che sta progettando il film “Intolerance” e che cerca degli scenografi italiani.
Salvatore Ferragamo, per le sue abilità nella lavorazione delle scarpe, si introduce e trova parecchio lavoro negli ambienti cinematografici della nascente Hollywood  in quanto le numerose comparse dei primi colossal dei film di Griffith avevano bisogno di notevoli quantità di calzature. La sua storia viene ad assomigliare così a quella del racconto  dei fratelli Taviani nel film “Good Morning Babilonia“.

Manifesto dell’Esposizione Internazionale di San Francisco del 1915

Nell’occasione dell’Esposizione Internazionale di San Francisco del 1915  “E stato conferito il “GRAN PREMIO” per la pittura a Ettore Tito, che espone cinque tele di solida composizione e ricca sostanza coloristica…”Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo-Bollettino d’arte Agosto 1915.

Avevo già avuto modo di citare in questo blog il pittore veneziano Ettore Tito (1859-1941) in quanto aveva disegnato per Ferruccio Macola la copertina del libro:  “L’Europa alla conquista dell’America Latina” del 1894, diario di viaggio da Genova verso Santos in Brasile.

Disegno di Ettore Tito

La copertina del libro è ciò che lega E.Tito a questo blog ed è poca cosa;  diverse sono le sue opere che si possono apprezzare in ambiti diversi.
Se si ha l’occasione di andare a Venezia, per esempio, ed entrare nella chiesa degli Scalzi, vicino alla stazione dei treni, si può osservare un’opera di E.Tito rivolgendo lo sguardo verso il soffitto della chiesa.

 

 

 


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SIPARIO APERTO SUL NATALE

 

DA VILLA FRIDA AUGURI DI BUON NATALE 2017

Stanza del “Cocchio di venere” o “Dei pappagalli”.
La parete nord della stanza presenta una soluzione decorativa illusionista: un riquadro dipinto a finte lesene con all’interno un doppio panneggio che richiama il sipario aperto di un teatro.  A sinistra  una porta vera, celata nel continuum architettonico dipinto.

Nell’800 cresce la simbiosi tra decorazioni di interni e altre specialità delle arti figurative. Il fenomeno è evidente nel caso del rapporto tra pittura e scenografia. Scrive Vincenzo Mancini: “ Nell’Ottocento emergono figure di decoratori e scenografi ( in primis Giuseppe Borsato, Alessandro Sanquirico e Francesco Bagnara operosi ………. indifferentemente nei teatri e nelle ville delle località di terraferma) che trasferiscono idee e soluzioni da un campo all’altro della loro attività……”


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MOSTRA A TREVISO SUI “CAPESARINI”

22 novembre-20 dicembre 2017

GINO ROSSI ARTURO MARTINI
e  i “capesarini” trevigiani del primo ‘900.

Galleria dell’artistico di Treviso

 La ricorrenza del settantesimo anniversario della morte di Gino Rossi e Arturo Martini ha indotto ad analizzare il contesto storico-artistico trevigiano di fine ‘800 e primi ‘900 con il quale i due grandi artisti si relazionavano.
Si è pensato, per una verifica e una puntualizzazione sull’argomento, di scandagliare precipuamente uno dei luoghi di maggior riferimento a cui hanno avuto accesso i nostri trevigiani; il più ricco di occasioni per incontri, scambi e confronti, ovvero il veneziano Palazzo Pesaro ove si svolsero, a partire dal 1908, le annuali mostre dell’Opera Bevilacqua La Masa, parallelamente con le Mostre d’Arte trevigiane.” R.Padovan, curatore della mostra.

Si tratta di una ricerca sulle opere e gli artisti trevigiani presenti a Ca’ Pesaro dal 1908, anno della prima esposizione veneziana fino al 1925, anno della XVI mostra nella quale espose per l’ultima volta Gino Rossi.

Come già ebbi modo di scrivere in un articolo di ottobre 2012, l’approfondimento della pittura veneta della seconda metà dell’800  e dei primi decenni del 900 è un capitolo aperto molto interessante. Basti ricordare che Venezia e anche Treviso, in quel periodo si presentavano artisticamente vivaci:
– 1895 la I BIENNALE D’ARTE A VENEZIA
1907 la I MOSTRA D’ ARTE TREVIGIANA
 1908 la I ESPOSIZIONE a CA’ PESARO
Ca’ Pesaro, luogo concepito per  sostenere i giovani talenti privi di mezzi economici, diventa punto di incontro di artisti ribelli e dei giovani non accolti alla Biennale.
Il Museo ha la fortuna di avere”….. a capo un giovane e brillante critico d’arte, Nino Barbantini, che eserciterà il suo mandato con spregiudicata e illuminata politica di valorizzazione di giovani talenti e di opposizione all’ufficialità pompier che stava affermandosi in Biennale.” G.Romanelli
Nell’articolo precedente avevo riportato questa frase: “Fin dalla prima mostra si vede la partecipazione di un gruppo di artisti trevigiani:  Giovanni Apollonio, Arturo Malossi, Arturo Martini, Giulio Ettore Erler, Gino Pinelli, Nino Springolo e l’anziano Noé Bordignon.” R. Gubitosi
Ora è stato fatto un passo in più nell’approfondimento:  la mostra “GINO ROSSI ARTURO MARTINI e i “capesarini “trevigiani del primo ‘900”  porta alla ribalta, mediante un lavoro di certosina ricerca, gli artisti presenti a Ca’ Pesaro dal 1908 al 1925; alcuni nomi sono molto noti altri sono finiti nell’oblio.
Per scoprirli non resta che fare una visita alla mostra.

“…riteniamo doveroso almeno richiamare al pubblico trevigiano e non solo, le loro figure che sono, comunque le si veda, alla base del nostro agire, vedere e pensare.” Raffaello Padovan

 


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VILLA FRIDA SI RACCONTA ATTRAVERSO I DIPINTI

La famiglia Moresco si unisce al Conte Macola.

Dipinti sul soffitto del salone centrale al piano terra di Villa Frida attribuiti a Noé Bordignon.

Con il matrimonio avvenuto nell’anno 1900 tra il Conte Ferruccio Macola e Maria Moresco, figlia della contessa Sofia Félissent e di Moresco Pasquale, proprietari di Villa Frida nella sconda metà dell’800, si stabilisce anche un sodalizio tra un deputato, uomo politico in vista e una ricca possidente famiglia di Castello di Godego che basava le sue ricchezze anche sulla presenza di una delle più grosse filande della zona.

A questa rappresentazione se ne contrappone un’altra posta all’interno della stessa cornice; rappresenta due putti con la ruota del carro simbolo della famiglia Moresco.


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AFFRESCHI ATTRIBUITI A NOE’ BORDIGNON A VILLA FRIDA

” Donne danzanti”

AFFRESCO PRESENTE IN UNA STANZA DEL PIANO TERRA DI VILLA FRIDA.

NELLA STESSA STANZA SI POSSONO OSSERVARE I DIPINTI DEI QUATTRO ELEMENTI:
FUOCO, TERRA ARIA E ACQUA.

Impara dapprima le quattro radici di tutte le cose: l’aria, la terra, il fuoco e l’acqua. Questi elementi sono eterni: come potrebbero infatti morire dato che non c’è nessun luogo che ne sia privo? Sono l’aria, la terra, il fuoco e l’acqua che, mescolati insieme, danno le forme e i colori di tutte le cose mortali.” Empedocle 400 a.C.
L’unione di tali radici porta alla nascita delle cose mentre la loro separazione, la morte. Si tratta di apparenti nascite e apparenti morti dal momento che le radici non si creano e non si distruggono ma sono in continua trasformazione.

Platone in seguito associa a ogni elemento una figura perfetta: la terra al cubo, il fuoco al tetraedro, l’aria all’ottaedro e l’acqua all’icosaedro.
“Restava una quinta combinazione e Dio se ne giovò per decorare l’universo, il dodecaedro” dal Timeo di  Platone.

Illustrazione di Leonardo da Vinci del dodecaedro per
il “De divina proportione” di L. Pacioli

FUOCO                                                                                                                                                            ARIA

                                                                 


                                             

TERRA                                                                                                                                                                             ACQUA

                                                                      

DIPINTI SUL SOFFITTO DEL SALONE CENTRALE AL PIANO TERRA

Dipinto sulla parte sud del soffitto del salone a piano terra, verso la porta d’entrata

Dipinto sulla parte nord del soffitto del salone a piano terra.

 


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NOE’ BORDIGNON E LA PITTURA VENETA TRA DUE SECOLI

Noe’ Bordignon : La pappa al fogo” PALAZZO “THIENE” Vicenza

Sabato 7 ottobre, palazzo Thiene, sede storica della Banca Popolare di Vicenza, era aperto: ho potuto osservare per la prima volta dal vero il quadro di Noè Bordignon.

Meriterebbe di essere approfondita la conoscenza della pittura della seconda metà dell’800 Veneto e dei primi decenni del 900; se ne è sempre parlato poco; essa sembra avere una sua ragione di esistere che esula dalle correnti artistiche del periodo come l’impressionismo e poi il futurismo, il divisionismo, il simbolismo….e tutti gli ismi a seguire.
Scrive G.Romanelli a proposito di questo periodo: ” Assieme a Favretto, Nono e altri artisti irrompe sulla scena dell’arte veneziana il gusto e il piacere della “realtà”: da un lato questa attenzione si manifesta nelle forme di una sensibilità al tema “sociale”, nella denuncia della povertà e miseria delle condizioni di vita delle classi indigenti fino a farsi talora lacrimevole sentimentalismo ed edulcorata figurazione di sofferenza da scena accademica; dall’altro si esprime nel dipinto di “genere”, convenzionale e letterario, artificiosa costruzione di faticosi enunciato retorici.”

Ci sono senza dubbio delle ragioni storiche: dopo secoli di Repubblica di Venezia in cui l’epicentro si identificava in un luogo, si entra in una fase nella quale il Veneto assume un ruolo geografico-politico periferico con il susseguirsi di Francesi e Austriaci per arrivare ai Savoia con l’annessione del 1866. La pittura veneta sembra assumere per inerzia una connotazione di rifugio nella quale permane una identità di luogo dipinta ora in tono aderente alla realtà molto povera ma dignitosa della maggioranza della popolazione veneta. Sono gli anni della pellagra, della fame, dei grandi flussi emigratori verso il Sudamerica.
D’altronde non si può dire che artisti come Noè Bordignon non siano venuti a contatto con correnti artistiche diverse. Noé Bordignon stesso vive per un periodo a Roma, conosce poi l’ambiente fiorentino dei Macchiaioli, proprio “Pappa al fogo” viene esposta  a Parigi.
Venezia e anche Treviso, nell’ultimo decennio dell’800 e il primo del 900  si presentano artisticamente vivaci:
– 1895 la I BIENNALE D’ARTE A VENEZIA
1907 la I MOSTRA D’ ARTE TREVIGIANA
 1908 la I ESPOSIZIONE a CA’ PESARO a Venezia ( a essere precisi è del 1897 la fondazione del Museo di Arte Moderna sulla base della donazione alla città, da parte del principe Alberto Giovanelli, di un primo nucleo di opere). Ca’ Pesaro, luogo concepito per  sostenere i giovani talenti privi di mezzi economici, diventa punto di incontro di artisti ribelli e dei giovani non accolti alla Biennale.

Il Museo ha la fortuna di avere”….. a capo un giovane e brillante critico d’arte, Nino Barbantini, che eserciterà il suo mandato con spregiudicata e illuminata politica di valorizzazione di giovani talenti e di opposizione all’ufficialità pompier che stava affermandosi in Biennale.” G.Romanelli

“Fin dalla prima mostra si vede la partecipazione di un piccolo gruppo di artisti trevigiani,composto da Giovanni Apollonio, Arturo Malossi, Arturo Martini,Giulio Ettore Erler, Gino Pinelli, Nino Springolo e l’anziano Noé Bordignon.” R. Gubitosi
“Venezia dunque tornò ad essere con il nuovo secolo il centro delle esperienze artistiche, tanto che nel 1910 i Futuristi proprio qui proclamarono le loro idee, gettando manifestini dall’alto della torre dell’Orologio in Piazza San Marco, pieni di improperi contro la cultura del passato e contro i musei, contro la stessa città decadente e passatista. Essi esaltavano invece la macchina e la divina “luce elettrica”. P Zampetti